Buon lunedì, prodi seguaci!🍼

Il covid se n’è andato e non mi ha lasciato troppo male: appena un po’ di tossettina secca e un tocco di voce nasale, di cui non capisco l’origine perché non ho nemmeno il raffreddore, ma non ho intenzione di lamentarmi, visto che funziono di nuovo al mio solito e sono tornata a mangiare le cose solide. Molto apprezzato.

Per il resto, quasi tutta l’attualità mi fa venire voglia di urlare perché, come si suol dire, le aspettative erano basse, ma porca vacca. Quindi si va di letture queer: perché la realtà fa schifo e abbiamo bisogno più che mai di far circolare buone idee per trasformarla. Eccovi dunque una citazione da Queer Gaze a cura di Antonia Caruso.

Nella rappresentazione bi+ è, quindi, spesso riscontrabile una tensione verso la normalizzazione forzosa delle esperienze e delle storie di vita dei personaggi, che, immancabilmente, devono fare riferimento a un desiderio di stabilità, di famiglia, di monogamia, di vita di coppia, e di normatività di genere, che in alcuni casi sfiorano la ‘bi-erasure’, la cancellazione della bisessualità+.

Come nel caso di altre comunità nello spettro LGBTQIA+, l’intelligibilità e l’accettazione da perte del pubblico (etero), sembra dover passare attraverso la de-radicalizzazione e de-politicizzazione delle storie e dei personaggi. È come sempre il “gioco della rispettabilità”: l’accettazione della “devianza” dall’eteronormatività passa per la conformazione a tutte le altre “regole” della struttura sociale dominante, quella che Shiri Eisner definisce la “redenzione della bisessualità attraverso la buona condotta”.

Ancora Eisner, identifica con il termine ‘bi-assimilazione’ le tendenze parallele del dover provare costantemente di non essere né ‘troppo bisessuali’ (ad esempio non rispettando la normatività dell’identità di genere, o non essendo troppo promiscui) né non ‘abbastanza bisessuali’ (ovvero dover provare costantemente di essere parte della comunità LGBTQIA+). Nello spazio tra i due poli di conflitto si inseriscono da una parte i personaggi di cui enuncia l’orientameno bi+ senza che questo venga mai effettivamente mostrato agli spettatori, dall’altra quelli che alungo “appaiati” con lo stesso partner, vengono identificati, anche nella memoria dello spettatore, come etero o gay, senza più alcuna menzione della loro non-monosessualità. E, infine, quelli che, come Clarke Griffin, apparentemente rinunciano alla propria identità nel memento in cui “rientrano” in una coppia di generi opposti.

Gli ultimi anni sembrano rappresentare una svolta nella rappresentazione della popolazione LGBTI nelle serie TV. Più personaggi, più storie, più persone LGBTI coinvolte nella scrittura, nella regia, nella produzione. Ma cos’è lo sguardo queer? Può bastare avere un personaggio LGBTQI per poter definire una serie queer? Che tipo di storie raccontano le serie tv queer? Attraverso le analisi di singole serie e di temi, le autrici di quest’antologia indagano, con una lente prima di tutto politica e culturale, i legami tra omonormatività e rappresentazioni dei corpi e dei desideri, in relazione alla produzione capitalista e alla rappresentazione televisiva. Un volume che fornisce differenti strumenti di lettura da adottare per comprendere quel target di serie TV conosciute al grande pubblico come serie arcobaleno, a partire dai noti marchi di produzione cinematografica che da anni ormai sponsorizzano alcuni tra i più grandi cortei dei Pride nel mondo occidentale.