Buon festa della Liberazione, prodi seguaci!🍃

Da quanto tempo! Tutto è iniziato con il mio solito rimanere indietro ed è finita con il pc che mi ha abbandonato: sto quindi recuperando piano, piano i vostri vecchi post dal mio computer nuovo e oggi vi lascio una citazione da Il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, uno dei testi fondanti della nostra Unione Europea, scritto nel 1941 e al quale contribuirono con le loro discussioni i numerosi confinati antifascisti presenti a Ventotene.

Occorre riconoscere che è vero. Questa rivoluzione apre la via ad uno sviluppo in senso progressista; non garantisce in via assoluta né ricadute né arresti. Affida le cose ai nostri figli perché le portino innanzi se ne hanno voglia e capacità. Non si può voler prestabilire tutte le misure necessarie per realizzare in modo totale e irreversibile un fine, che neppure si riesce e determinare in tutti i suoi lineamenti, poiché non si conosce né quali saranno gli ostacoli che via via si presenteranno, né come verranno sviluppandosi e modificandosi le aspirazioni, i gusti e i desideri degli uomini nell’avvenire.

La società socialista non deve essere concepita come la conclusione definitiva della storia attuale, come il raggiungimento di un ordine senza più pericoli, senza più insidie, in cui tutti possano riposare come su un letto di piume. Deve invece essere concepita come l’inizio di un’operosità che potrà durare e svilupparsi solo finché gli uomini conservino una seria volontà di lavorare in quel senso. Le situazioni di privilegio non si riformeranno; e qualora risorgessero, saranno eliminate se gli uomini nella società di domani saranno decisi a non farle tornare, e saranno come noi, ansiosi di sviluppare sempre più questa nostra civiltà.

Quel che soprattutto importa, dunque, non è di creare istituzioni sedicentemente perfette; ma istituzioni in cui si formino uomini desiderosi ed interessati a svilupparle, come garanzia della loro libertà e come strumento per la loro ascesa a forme più alte di vita individuale e collettiva. Con uomini siffatti, i pericoli di domani possono essere serenamente affrontati con la sicurezza che saranno superati. Se invece il tipo umano prevalente dovesse essere quello dell’uomo-soldato ubbidiente, che attende tutto dall’alto, è chiaro che nessuna organizzazione sociale comunque perfettamente ideata, potrebbe mantenere una civiltà di uguaglianza e di libertà. Sarebbe inevitabile una divisione netta dell’umanità in una aristocrazia guerriera o burocratica, ed in una massa di servi più o meno diligenti, ma abulici e privi di ogni senso di dignità umana.

La soluzione definitiva, auspicata dai marxisti, sarebbe appunto la creazione di una simile società in cui scomparirebbero gli uomini desiderosi e capaci di vivere liberamente. Essa eliminerebbe totalmente, in un primo momento, i privilegi della ricchezza, solo creando un privilegio della potenza statale così leviatanico, che nulla più potrebbe ragionevolmente scrollarlo. Ed una volta che la classe governante abbia un tale potere dispotico, la ricchezza tornerebbe a essa come conseguenza.

La soluzione definitiva, auspicata dai marxisti, sarebbe finitiva, mira ad allevare uomini cui si possa con fiducia affidare il compito di continuare l’opera cominciata. Sarebbe ora, sarebbe urgentemente ora che i socialisti si decidessero a scegliere, prima ancora del tipo di istituzione da creare, il tipo di uomini a cui mirare, ed a cui dovrebbero essere affidate le istituzioni dell’ordine nuovo.

«I primi anni Quaranta furono un periodo straordinariamente fecondo per la riflessione umana. La tragedia che si stava svolgendo sollecitò alcune grandi figure a una meditazione tanto profonda quanto atroce era la discesa nella barbarie cui cercavano di opporsi.
Il risultato sono state una serie di opere che, nei diversi campi, hanno posto le basi su cui dopo il 1945 è stato possibile edificare il ritorno alla civiltà. Di questo gruppo di testi il Manifesto di Ventotene è l’opera fondamentale nel campo della politica e dei rapporti tra Stati, quella che va alla radice della questione della pace e dell’ordine internazionale, vero epicentro della tragedia in corso. Un testo chiave nel processo di unificazione europea, un vero e proprio classico della letteratura politica del Novecento che ha ancora oggi molto da dire sulle sfide e sui pericoli che incombono.»