Buon lunedì, prodi seguaci!📷
Questo fine settimana ho leggiucchiato Il re ombra di Maaza Mengiste, ma confesso che, con mio grande dispiacere, non lo sto trovando particolarmente coinvolgente, così ho finito per lo più per andare in giro con la ciurma di Cappello di Paglia… comunque, vi lascio una citazione, sia mai che il problema sia io e non il libro.
Hirut in seguito dirà che non poteva andare diversamente. Che non c’era altro che lei potesse fare tranne confessare e chiedere perdono. Era stato sciocco prendere quei ninnoli, i gioielli, le monete fuori corso. Era stato sciocco immaginarle sue. Non c’è posto al mondo dove una ragazza come lei sia autorizzata a possedere gli oggetti che ha sepolto nel terreno per tenerli al sicuro. L’ha sempre saputo, come ha sempre saputo che non rivedrà mai più il suo fucile. Certe persone sono fatte per possedere gli oggetti. Altre, solo per metterli al loro posto e spolverarli. L’ha sempre saputo, ma ha preferito ignorarlo, sperando di riuscire a fare di se stessa qualcos’altro con la forza.

1974, Addis Abeba: «È venuta a piedi e in corriera, attraversando luoghi che per quasi quarant’anni aveva scelto di dimenticare. È in anticipo di due giorni ma lo aspetterà… » Inizia così, con la paziente attesa di Hirut nella stazione ferroviaria della capitale etiope sull’orlo di una nuova rivolta, il lungo flashback con cui Maaza Mengiste ci conduce ai giorni dell’occupazione voluta da Mussolini nel 1935 e portata avanti con inaudita violenza malgrado i richiami della Società delle nazioni. Quando, il primo marzo 1936, l’imperatore Hailé Selassié, al comando del suo esercito, viene sconfitto a Mai Ceu e costretto all’esilio, sugli altopiani e nei villaggi dell’intero paese le donne e gli uomini etiopi organizzano una resistenza vittoriosa, combattendo battaglie il cui clamore rimanda agli epici scontri dell’Iliade. Tutto avviene secondo le regole talora cruente di una società feudale che vanta però un’antica indipendenza e una solida tradizione militare. Il re è salito su un treno che lo sta portando fuori dal suo paese, ma sui crinali dei colli appare il profilo conosciuto e amato del sovrano. È un inganno? Un miraggio? Forse è il potere dell’ombra, che restituisce ai sudditi fiducia e coraggio. Maaza Mengiste allestisce un doppio palcoscenico: sulle alture, agli ordini del nobile Kidane, si organizzano gli irriducibili combattenti etiopi, Aklilu, Seifu, Aster, Hirut, Fifi, la cuoca e innumerevoli altri; mentre sul terrazzamento a strapiombo sulla valle il colonnello Fucelli fa costruire la base italiana dove si fronteggiano opposte concezioni dell’onore e del coraggio, e si sperimenta con inquietante coerenza come una forma d’arte possa diventare un’arma. Nelle fotografie scattate da Ettore Navarra, il soldato ebreo cui viene dato l’ordine sadico e pornografico di immortalare esecuzioni e nudi femminili, leggiamo insieme talento e crudeltà, obbedienza e indifferenza a se stesso. Incrinate, l’una e l’altra, dal coraggio intelligente di Hirut, che si sottrae al ruolo di vittima del suo obiettivo per assumere quello di testimone e poi custode di un archivio d’immagini che raccontano la Storia e la rettificano.
Anna Nadotti
Rieccomi! Della Einaudi è molto bello anche “A sud del confine, a ovest del sole”: l’hai letto?
"Mi piace""Mi piace"
Dopo aver letto la trama io sarei anche curioso di leggerlo. Come mai non ti sta prendendo?
"Mi piace"Piace a 1 persona
Trovo estremamente respingente lo stile dell’autrice. Un vero peccato, perché il romanzo racconta una storia con un intreccio al quale, secondo me, qui in italia non siamo troppo abituatз.
"Mi piace""Mi piace"