
1617, Norvegia nordorientale. In una funesta vigilia di Natale, il mare a Vardø si è improvvisamente sollevato e una folgore livida ha sferzato il cielo. Quando la tempesta si è acquietata in uno schiocco di dita, così com’era arrivata, le donne si sono raccolte a riva per scrutare l’orizzonte. Degli uomini usciti in barca non vi era, però, nessun segno. Quaranta pescatori, dispersi nelle gelide acque del Mare di Barents. Alla ventenne Maren Magnusdatter, che ha perso il padre e il fratello nella burrasca, e a tutte le donne di Vardø non resta dunque che un solo compito: mettere a tacere il dolore e cercare di sopravvivere. Quando l’inverno allenta la presa e le provviste di cibo sono quasi esaurite nelle dispense, le donne non si perdono d’animo: rimettono le barche in mare, riprendono la pesca, tagliano la legna, coltivano i campi, conciano le pelli. Spinte dalla necessità, scoprono che la loro unità può generare ciò che serve per continuare a vivere. L’equilibrio faticosamente conquistato è destinato, però, a dissolversi il giorno in cui a Vardø mette piede il sovrintendente Absalom Cornet, un fosco e ambiguo personaggio distintosi, in passato, per aver mandato al rogo diverse donne accusate di stregoneria. Absalom è accompagnato dalla giovane moglie norvegese, Ursa, inesperta della vita e terrorizzata dai modi sbrigativi e autoritari del marito. A Vardø, però, Ursa scorge qualcosa che non ha mai visto prima: donne indipendenti. Absalom, al contrario, vede solo una terra sventurata, abitata dal Maligno. Un luogo ai margini della civiltà, dove la popolazione barbara dei lapponi si mescola liberamente con i bianchi e dove una comunità di sole donne pretende di vivere secondo regole proprie.
Vardø è quel posto che vai a cercare su Wikipedia perché è così a nord che devi sapere se esiste davvero o fa parte di qualche posto mitico tipo l’Iperborea. Ebbene esiste e vanta di essere il comune natale di John Norum, il chitarrista degli Europe. Pensa un po’.
Purtroppo nel XVII secolo è stato anche teatro di una terribile caccia alle streghe, che portò alla morte di più di novanta persone, sia norvegesi sia sami, in prevalenza donne, ma anche uomini. E proprio dagli eventi che scatenarono quella caccia – una terribile tempesta in mare che uccise decine di uomini e un re desideroso di giocare al solerte emissario di dio – prende avvio il romanzo.
Nel complesso è stata una bella lettura e anche molto coinvolgente, a mano a mano che l’autrice mi faceva conoscere le abitanti di Vardø. Tuttavia ho avuto l’impressione che la storia venisse retta unicamente dalla reazione emotiva che suscita leggere di persone incolpate ingiustamente, torturate e infine bruciate sul rogo. Se poi ci aggiungiamo anche il terribile rapporto tra i generi all’interno dei matrimoni descritti, non è difficile parteggiare per le cosiddette streghe e odiare a morte i loro aguzzini, insieme alle loro accusatrici.
Alla fine, mi è sembrato un po’ pochino rispetto al potenziale della storia: mi è mancata la sostanza in un tema – quello della caccia alle streghe – ampiamente indagato e che ha bisogno di un maggior impegno letterario per arrivare davvero allǝ lettorǝ.