
“La tregua”, seguito di “Se questo è un uomo”, è considerato da molti il capolavoro di Levi: diario del viaggio verso la libertà dopo l’internamento nel Lager nazista, questo libro, più che una semplice rievocazione biografica, è uno straordinario romanzo picaresco. L’avventura movimentata e struggente tra le rovine dell’Europa liberata – da Auschwitz attraverso la Russia, la Romania, l’Ungheria, l’Austria fino a Torino – si snoda in un itinerario tortuoso, punteggiato di incontri con persone appartenenti a civiltà sconosciute, e vittime della stessa guerra. L’epopea di un’umanità ritrovata dopo il limite estremo dell’orrore e della miseria.
Ci ho messo un bel po’, ma alla fine ho proseguito la cosiddetta Trilogia di Auschwitz, alias i tre libri scritti da Primo Levi sulla sua esperienza come prigioniero nel campo di sterminio e il suo successivo ritorno in Italia. Proprio del ritorno si occupa La tregua, scritto molti anni dopo Se questo è un uomo e molto più ponderato.
Non ho molto da scrivere: La tregua fa parte di quei libri che si leggono e dai quali si cerca di formarsi gli anticorpi per non costringere mai più nessun essere umano in un abisso di disumanità tale da dover rimparare a vivere per come siamo abituatз – così tanto abituatз che è difficile dare una definizione di cosa sia esattamente vivere. Non ce la stiamo cavando granché bene e questo fin da quando Levi era ancora vivo: ma d’altro canto, lui stesso ci ha detto che è una lotta continua, che bisogna sempre mantenere la guardia alta, senza mai rilassarsi.
A questo proposito, e ben conscia dell’irragionevolezza del paragone tra la nostra situazione attuale con quella storica dei campi di concentramento, qualcosa si è smosso dentro di me nel leggere della tregua tra Auschwitz e l’incubo di Auschwitz. Ne leggo ovunque e la sento dentro di me: la sensazione di essere sull’orlo del cambiamento e di star cadendo indietro, dalla parte delle risposte fallimentari che ci hanno portato a questo presente pantanoso.
Nel mio piccolo e per assurdo, ho sentito l’angoscia di quello che è stato e potrebbe ritornare e che, purtroppo, in alcune zone del mondo, è già ritornato. Ma anche senza l’orrore estremo dei campi di sterminio, nel mondo ci sono innumerevoli segnali di pericolo, minimizzati e sdrammatizzati con la sicurezza di chi è convintǝ che quella è storia vecchia, passata, da studiare sui libri di scuola per prendere la sufficienza e via.
Ci siamo rilassatз troppo. Come se ne esce adesso? Come si riprende la retta via senza deragliare di nuovo?
Purtroppo i segnali di pericolo vengono spesso sottovalutati. Lo fu allora, e potrebbe accadere ancora. Speriamo che le nuove generazioni stiano con le antenne belle dritte a captare i segnali prima di precipitare nel baratro…..
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Speriamo perché ci sono diversi segnali poco incoraggianti.
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Devo ancora leggere Se questo è un uomo. Non sapevo che i suoi romanzi tornassero una trilogia. Grazie per la segnalazione.
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Te li consiglio tutti e tre: tra i migliori libri sull’Olocausto che potrai mai leggere, a mio modesto parere.
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