
A seguito di meticolose indagini, decine di catanesi, in gran parte giovani o giovanissimi, vengono prima incarcerati, poi mandati al confino alle Tremiti fino allo scoppio della guerra, in due casermoni sull’isola di San Domino. Tornati a Catania, cercheranno di dimenticare e far dimenticare ciò che hanno vissuto. Pochissimi di loro, a distanza di decenni, hanno accettato di raccontarlo.
A partire da queste testimonianze e da fonti d’archivio, Goretti e Giartosio ricostruiscono un mondo che sembrava scomparso nel nulla. Gli appuntamenti sulla spiaggia di notte, le sale da ballo per soli uomini, le complicità, le rivalità, i travestimenti, gli espedienti, la paura, l’amore. E poi, dopo l’arresto, gli stratagemmi messi in atto dalle famiglie, le situazioni paradossali della vita al confino, i tentativi quasi sempre vani di rivendicare la propria innocenza e guadagnarsi la libertà.
Il tutto nel contesto di un’Italia provinciale, tenera ma più spesso spietata, in cui l’omosessuale è schernito di giorno e cercato di notte da uomini che non si ritengono omosessuali. Un’Italia stregata dal fascismo, che all’indomani delle leggi razziali è deciso a reprimere qualsiasi minaccia all’«integrità della stirpe», e che colpirà, con il tacito consenso dei più, centinaia di «invertiti».
Indagine antropologica, riflessione sull’identità, appello alla memoria civile di un paese che facilmente dimentica, questo libro è prima di tutto una storia. La storia di un gruppo di ragazzi del Sud, vissuti in un’Italia diversa (ma non troppo) dalla nostra e puniti perché erano innocenti.

La città e l’isola è un bellissimo libro su una pagina poco raccontata della nostra storia: la condanna al confino di centinaia di omosessuali durante il fascismo, una violenza a lungo sottaciuta perché – inutile che ve lo dica – la liberazione per chi apparteneva alla comunità LGBTQIA+ è ancora in corso e nell’immediato dopoguerra non era proprio la priorità di questo Paese.
La strategia utilizzata per togliere di mezzo persone che si ritenevano un’offesa all’ideale machista fascista fu quella di renderle invisibili, a partire dall’eliminazione della legge che criminalizzava l’omosessualità: nell’Italia tutta Dio, Patria e Famiglia non potevano esistere maschi contaminati dalla femminilità. La città e l’isola è molto preciso nel delineare il collegamento tra omofobia e misoginia e quanto le vite di alcuni omosessuali mettessero in crisi il dualismo maschio-attivo/femmina-passivo.
Infatti, siamo ancora in un mondo dove la contrapposizione non è tanto tra eterosessualità e omosessualità, ma tra attivi e passivi: pensate allo sgomento di fronte a un maschio che è anche passivo. Inaudito! Così inaudito che è una stranezza anche per molti omosessuali, perché anche loro sono nati e cresciuti in un mondo di rigide distinzioni (tanto che trovano un’assurdità le conquiste dei movimenti LGBTQIA+).
La città e l’isola si concentra soprattutto sugli avvenimenti nella città di Catania, sui quali, grazie all’infelice solerzia del questore Alfonso Molina, abbiamo molte informazioni, che permettono sia di conoscere le storie dei confinati, sia di ricostruire la loro vita nella città siciliana. Spero che lo leggerete in tantu perché oggi più che mai è necessario tenere viva la memoria di tutti i crimini del fascismo.

