Buon lunedì, prodi seguaci!🌈

Oggi vi scrivo di Tuo, Simon, film diretto da Greg Berlanti e tratto dal libro Non so chi sei, ma io sono qui di Becky Albertalli (che poi è stato ripubblicato con il titolo del film).

Il film parla di un ragazzo gay che non ha ancora fatto coming out con nessunə e che finirà per essere ricattato da un compagno di scuola per delle mail che scambia in anonimato con un altro ragazzo gay, anche lui non ancora dichiarato.

Complessivamente mi è piaciuto: si tratta di una commedia piacevole e divertente, con l’aggiunta di qualche momento dove si rischia di versare qualche lacrimuccia. Tuttavia non ho potuto fare a meno di storcere il naso di fronte ad alcuni elementi.

Il primo è una conversazione a cuore aperto tra Simon, il protagonista, e la sua migliore amica Leah, dove questa afferma che vorrebbe essere come quelle facili che sono l’anima della festa. Possiamo smettere di buttare merda sulle ragazze che sono sessualmente attive e non aspettano illibate l’Uomo della Vita™? Dai, su, ce la potete fare…

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Un altro elemento di perplessità è stata la rappresentazione di Ethan, un compagno di Simon che ha già fatto coming out. Per quanto sia apprezzabile il suo rispondere a tono all’omofobia dei compagni, Ethan è uno stereotipo ambulante e, per quanto non sia un personaggio centrale, avrei preferito uno sforzo in più, visto che è probabilmente un film più per etero che per gay (poi ci torno).

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Poi c’è quest’atmosfera molto favolistica che – okay – ci sta perché è una commedia e non dramma shakespeariano, ma ci sono dei momenti (*cough* il finale *cough*) nei quali l’irrealtà prende decisamente il sopravvento e tutto quello a cui riesci a pensare è wowowowow, anche meno!

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Ho apprezzato molto il fatto che non ci siano buoni o cattivi, ma persone che fanno cose giuste e cose sbagliate: non troverete il solito eroe senza macchia e il solito bullo senza pregi. Tuttavia, ho trovato deludente che non si ponesse l’accento sulla gravità del ricatto subito da Simon e sulle sue varie conseguenze. Senza fare spoiler, si arriva in fondo al film con la sensazione che questo ricatto non sia stato una roba così terribile, ma solo una ragazzata che alla fine ha pure permesso al protagonista di avere il suo lieto fine. Meh.

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Come dicevo prima, la sensazione è che questo film sia rivolto più a chi è etero che a chi è gay. Non c’è un solo istante in cui la normalità etero, quell’eteronormatività che rende un inferno la vita delle persone queer, a volte fino a ucciderle, viene costretta a riconoscere il suo squallore umano. Anzi, a un certo punto sembra quasi dire che gay va bene, ma non esserlo troppo, altrimenti turbi le mie acque e non posso farti entrare nel mio laghetto. E Simon, invece di dire tieniti il tuo schifo di pozzanghera, io sono parte dell’oceano, se ne sta lì, tutto tremebondo, ad aspettare la tanto desiderata e salvifica approvazione etero che lo renderà un ragazzo gay felice e pronto per l’amore. Meh²…

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Voi l’avete visto? Che ne pensate? Fatemi sapere nei commenti!

🌻

6 risposte a “Tuo, Simon (2018)”

  1. Non l’ho visto, quindi non posso commentare. Però le tue osservazioni mi sembrano sensate e condivisibili; del resto, nella maggior parte dei film, le logiche presentate sono più o meno queste, quando non si arriva addirittura al macchiettistico …

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    1. Sì, e nel caso di “Tuo, Simon” è davvero un peccato, perché bastava davvero poco per renderlo un film migliore… sono abbastanza curiosa di leggere il libro adesso, però, perché da quel che ho sentito Albertalli scrive libri con una buona rappresentazione delle persone queer… magari è solo Hollywood che ha fatto un casino…🤷‍

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  2. eterosessualità è maggioritaria solo dal punto di vista statistico ma va considerata normale come l’omosessualità; non è l’eterosessualità è l’omofobia che rende la vita un inferno ai gay e non solo

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    1. normale e legittima

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    2. Non ho scritto che l’eterosessualità rende un inferno la vita delle persone gay, ma che lo fa la normalità etero, cioè la convinzione che l’eterosessualità sia l’unico orientamento sessuale legittimo, normale, naturale e via dicendo: è da questa convinzione che poi nasce (e cresce) l’omofobia.

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      1. allora concordo

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