
Descrizione: «Era un re nel proprio regno»: ora che Bjartur ha comprato la sua terra dopo diciotto anni di umiliante lavoro per i ricchi vicini, ha vinto la prima battaglia della sua guerra d’indipendenza. Non importa se il suo podere di Sumarhus di solare non ha che il nome, se c’è più acqua che erba, se il suo cane è pulcioso, le pecore minacciate dai vermi, la moglie forse incinta di un altro, non importa se gli spiriti imperversano nella sua valle e la sua casupola di torba sorge sulle rovine delle fattorie distrutte da una strega: Bjartur non ha altri padroni che se stesso, ed è pronto a sfidare tutti i poteri, naturali e sovrannaturali, per liberarsi dai debiti e difendere la sua libertà. Cent’anni di solitudine in Islanda: l’epopea di un uomo e della sua famiglia che è la storia di un popolo all’inizio del xx secolo, ma in una realtà senza tempo, dove la natura e la magia hanno lo stesso potere malefico, a meno che non siano la stessa cosa, dove gli elfi vivono nascosti nelle rocce, più felici degli umani, un mondo così isolato da sembrare l’unico esistente: perfino Reykjavík non è che un mitico sud dove vivono i ricchi, il resto sono solo paesi di sogno al di là dell’oceano in cui alcuni spariscono, come l’America, dove si può diventare quel che si vuole, ma che è più lontana della morte. Un tragicomico don Chisciotte, rozzo e poeta, crudele e commovente, grandioso e risibile, che ha per modelli gli eroi delle saghe per combattere contro gli elementi e la fame, ma anche le cooperative, le banche, i politici, la modernità, l’inesorabile trasformazione di un mondo dove la sua epica lotta è forse solo la follia di un uomo pronto a sacrificare mogli, figli, anima e sentimenti per un monomaniacale sogno di libertà. Finché, novello Giobbe, non arriva a capire qual è quel «fiore della vita» per cui vale davvero la pena di vivere.

Gente indipendente è un affascinante mix di Cent’anni di solitudine e Don Chisciotte: se questi due romanzi sono tra i vostri preferiti, non mancate di fare un salto nell’Islanda di Laxness e di fare la conoscenza di Bjartur, contadino e fine conoscitore di pecore che ha finalmente potuto acquistare un piccolo podere e diventare così un fiero contadino indipendente.
Si prospetta quindi una storia epica nella quale il nostro Bjartur lotterà con le unghie e con i denti per mantenere la sua indipendenza e, infatti, sarà proprio così: solo che, nelle parole stesse dell’autore, Bjartur è un idiota e la sua lotta si fa da subito tragicomica. È presto chiaro che più di un desiderio di emancipazione dalla povertà e dalla servitù per Bjartur l’indipendenza è un’ossessione che si manifesta non solo nel voler mantenere se stesso e la sua famiglia con le sue forze, ma anche nel rifiutare qualunque aiuto esterno possa venire dalla sua comunità.
Laxness non si fa scappare nessuna occasione per ironizzare sulla fissazione di Bjartur, ma purtroppo l’ambiente nel quale lui e la sua famiglia vivono è così ostile che il suo atteggiamento finisce per essere una fonte costante di violenza e di tragedie. È un buon promemoria per riportare alla mente che la natura non è solo fatta di luoghi e momenti idilliaci da cartolina e che dietro al suo fascino patinato la vita di campagna nasconde asprezze e brutalità.
Gente indipendente è il tipo di romanzo grandioso capace di contenere una moltitudine di temi ed è difficile darne un’idea. Come in Don Chisciotte, ridiamo di Bjartur, ma a mano a mano che la violenza della natura, della sua ossessione e dell’impossibilità di emanciparsi davvero con le proprie forze per chi è nato povero si fa sempre più evidente e feroce non possiamo che provare simpatia per la catena di errori fatali che strazierà la sua famiglia e per quella umanità bistrattata che alla fine tornerà ad abitare presso di lui.




Lascia un commento