Copertina di Controllo. Storia e attualità dell'eugenetica di Adam Rutherford: raffigura una fialetta contenente un liquido verde fosforescente sul palma di una mano.

Descrizione: Come la bomba atomica viene considerata il «peccato originale» della fisica, così l’eugenetica è da sempre giudicata come il «peccato originale» della biologia. L’umanità ha sempre cercato di migliorare la società allo scopo di ridurre le sofferenze, eliminando le malattie o migliorando in qualche modo le probabilità di sopravvivenza dei propri figli. Tuttavia, questo desiderio va spesso di pari passo con quello di imporre il controllo su chi può sposarsi, chi può procreare e chi può vivere. In epoca vittoriana, all’ombra delle idee – un po’ distorte – di Darwin sull’evoluzione, iniziò a prendere forma un nuovo tentativo di imporre il controllo sulla nostra stessa struttura biologica. Nacque così un movimento politico che imbastardì la scienza e che per sessant’anni godette di un ampio sostegno popolare e politico, sia tra i progressisti che tra i conservatori. L’eugenetica fu abbracciata con entusiasmo in decine di paesi, arrivando alle sue estreme conseguenze nella Germania nazista, conducendo direttamente alle camere a gas e ai forni crematori di Auschwitz. Ma non è solo storia passata. L’eredità dell’eugenetica persiste ancora oggi nella lingua, nella letteratura, nelle parole che usiamo inconsapevolmente. E oggi, di nuovo, con le tecniche di editing genetico messe a disposizione dalle più avanzate ricerche – si pensi alle possibilità offerte da CRISPR –, si parla ancora una volta di manipolazione del DNA, per rendere i nascituri più intelligenti, più adatti, più forti. Il sogno distorto della purezza e della perfezione. Con “Controllo” Adam Rutherford offre il suo sguardo lucido e competente sui pericoli passati e presenti dell’eugenetica, raccontandone con grande concisione e chiarezza, sia scientifica che morale, la storia non troppa remota, condensa concetti difficili in una prosa intelligente e precisa fino a smascherare, con la sua analisi urgente e necessaria, una delle idee più distruttive del XX secolo.

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C’è un’idea dura a morire che torna spesso alla ribalta, magari sotto forma di articoli sensazionalistici, ed è quella della scoperta del gene responsabile di una certa caratteristica. Non importa che i nostri (circa) ventimila geni siano assolutamente insufficienti per essere associati ognuno a una sola caratteristica, l’idea che esista il gene dell’introversione, il gene dell’omosessualità o il gene dell’intelligenza è ancora lì.

Rutherford è qui per dirci che non esiste alcun “gene di”. Nemmeno il colore degli occhi, che a scuola ci portano a esempio subito dopo la lezione sugli esperimenti di Mendel sui piselli, dipende da un unico gene. Ogni caratteristica è influenzata da più geni, in modi che in gran parte ci sono ancora oscuri e non solo: l’ambiente gioca un ruolo fondamentale e non è più il caso di litigare sulla predominanza di natura o cultura. Le due non sono mai state in competizione ed entrambe contribuiscono a plasmare chi siamo: la domanda ancora aperta è in che misura lo fanno – e non è detto che la misura sia la stessa per ogni caratteristica.

Ripercorrendo la storia dell’eugenetica insieme a Rutherford vediamo quanto l’idea di un gruppo di persone desiderabili in quanto “geneticamente migliori” implicasse una schiera di persone che invece non erano desiderabili, con conseguenze terribili per le loro vite, che andavano dalla sterilizzazione forzata all’eliminazione fisica. L’autore prende in esame solo tre Paesi (USA, Germania e Regno Unito), ma non è difficile riconoscere che certi pensieri sono passati (e passano) anche da queste parti.

Ma Rutherford va oltre e si chiede: alla fine quei Paesi che hanno applicato dei programmi di eugenetica hanno davvero visto sparire le caratteristiche che volevano eradicare? I dati dicono di no. Il che ha senso se pensate che lo stesso gene portatore di una caratteristica considerata desiderabile potrebbe anche influenzarne una indesiderabile. Gli ambiti geni che influenzerebbero l’intelligenza, per esempio, favorirebbero anche l’insorgenza di diverse malattie mentali.

L’eugenetica è un sogno di controllo da parte delle élite, che vorrebbe essere geneticamente – e quindi scientificamente e insindacabilmente – migliore della gran parte di noi. Infatti, l’ossessione per i “geni giusti” riguarda sempre il possesso delle caratteristiche ritenute necessarie per il successo: difficile sentir parlare della necessità di favorire in maniera artificiale lo spirito solidale o la gentilezza. E ancor meno si sente parlare dei metodi che si sono dimostrati più efficaci e meno costosi per aumentare l’intelligenza umana, come una banalissima istruzione pubblica di qualità. Ma immagino che questo significherebbe ammettere che niente se non il privilegio distingue la classe dominante da quelle subalterne.

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