Buon lunedì, prodi seguaci!🫖

Autumn is in the air e le campanelle delle scuole hanno iniziato a suonare, quindi andiamo con una corposa citazione da Infinitamente piccoli di Amir Alexander, che ho appena cominciato e mi ha già preso tantissimo.

Mantenendosi vicino alle verità antiche e stabilite della matematica, Clavio restava fedele alla tradizione intellettuale del suo ordine e ai decreti dei suoi capi. Nessuno, ammoniva il generale Acquaviva, doveva nemmeno sospettare i gesuiti di innovazione, e mentre questo conservatorismo inveterato si applicava a tutti i campi della conoscenza, era particolarmente cruciale in matematica. L’intera difesa di Clavio della matematica, e il suo tentativo di aumentarne il prestigio nelle scuole dei gesuiti, si basava sul fatto che la matematica, più di ogni altra scienza, era fissa, ordinata ed eternamente vera. Altri campi si potevano studiare per ragioni diverse: la teologia, perché era lo studio del mondo divino; la filosofia, perché era lo studio del mondo ed è necessaria per capire la teologia. Ma perché studiare la matematica? Solo perché fornisce un modello di certezza e di ordine razionale perfetto, e un esempio di come le verità universali governino il mondo. Se la matematica doveva diventare un campo di innovazione spinta, in cui si propongono nuove verità, soggette poi a dibattito, allora sarebbe diventata peggio che inutile. Sarebbe diventata pericolosa, in quanto avrebbe messo a repentaglio le fondamenta stesse della verità di cui avrebbe dovuto ergersi a baluardo.

L’impronta di Clavio rimase forte nella tradizione matematica dei gesuiti. Per secoli, i matematici della Compagnia scelsero di mantenersi fedeli ai metodi collaudati, seguendo Euclide il più possibile ed evitando nuove aree pericolose. Ma proprio negli anni in cui Clavio stabiliva la potente scuola matematica dei gesuiti, stava affermandosi una pratica matematica molto diversa, che avrebbe messo alla prova tutti i suoi amati principi. Dove i gesuiti insistevano su postulati chiari e semplici, i nuovi matematici si basavano su una vaga intuizione riguardo alla struttura interna della materia; dove i gesuiti celebravano la certezza assoluta, i nuovi matematici proponevano un metodo ricco di paradossi, nei quali si dilettavano; mentre i gesuiti cercavano di evitare i conflitti a ogni costo, il nuovo metodo era impantanato in controversie fin dal suo inizio. Era tutto ciò che i gesuiti pensavano che la matematica non dovesse essere, eppure prosperava, guadagnando terreno e attirando nuovi aderenti. Si chiamava il metodo degli indivisibili.

Copertina di Infinitamente piccoli. La teoria matematica alla base del mondo moderno di Amir Alexander. Rappresenta una serie di asintoti, che formano un insieme di linee frammentate (un po' come l'insieme dei bordi delle tessere di un mosaico)

Il 10 agosto 1632 cinque padri gesuiti si riunirono in un austero palazzo di Roma per censurare, perché considerata sovversiva, un’affermazione apparentemente innocua che avrebbe gettato le basi della matematica moderna: una linea continua è composta da punti infinitamente piccoli. Ma non si trattava solo di speculazione teorica. In ballo c’era molto di più: il concetto di infinitesimo metteva in discussione l’idea del mondo come luogo razionale e governato da leggi matematiche esatte, e con essa il dogma di un ordine naturale, politico e sociale immutabile. Amir Alexander ci racconta la storia di una lotta, combattuta dalla Germania all’Inghilterra, dalla Roma papale alle stanze della royal society, che vide schierati da un lato i difensori dell’autorità costituita, disposta a tutto pur di mantenere salda l’ortodossia, e dall’altro i promotori di un’epoca di libertà intellettuale e progresso scientifico.

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