Buon lunedì, prodi seguaci!💠

Oggi vi lascio una citazione da Poesia e musica della scienza di Tom McLeish che sulla carta mi sembrava estremamente interessante e invece mi sta annoiando a morte. Sono ancora al secondo capitolo, quindi spero migliori…

Ho lavorato per alcuni anni al Dipartimento di Fisica dell’Università di Leeds, in Gran Bretagna. Grazie alla frequentatissima sala dei professori, ho avuto regolarmente l’occasione di parlare con i docenti di altri dipartimenti, tra cui quello di Belle Arti. Stranamente, per un dipartimento universitario, erano tutti artisti oltre che insegnanti, compreso l’attuale preside, il professore Ken Hay, che lavora in ambito multimediale con pittura e fotografia, media digitali e film. Ciò mi ha dato l’opportunità di rivolgere a un collega a me vicino qualche domanda sul processo della creazione artistica, che nelle belle arti, più che nella scienza, tende a essere eclissato dal dibattito sull’ispirazione e sul prodotto finale. Quali erano le fasi intermedie? Per illustrare la sua esperienza, Ken ha scelto un progetto recente: una serie di dipinti su tela che facevano da sfondo a severe fotografie in bianco e nero della battaglia di Stalingrado, combattuta nella seconda guerra mondiale. Da sole, le fotografie sono testimonianze storiche tetre, sgranate e prive di spiegazioni di soldati feriti e agonizzanti esposti a un gran freddo. Guardarle suscita un forte disagio e provoca nello spettatore, che si ritrova in una posizione di impotenza, una ribellione emotiva o intellettuale nei confronti di quell’inutile sofferenza, nonché un’indecisione dovuta all’assenza di contesto. Ken voleva offrire almeno un’interpretazione parziale, aggiungere uno “sfondo” in senso sia visivo sia metaforico, fornendo così all’osservatore altri livelli di materiale emotivo con cui lavorare.

Allora ha cominciato a occuparsi della storia del progetto, spiegando che il concept originale della serie semplicemente «non funzionava», malgrado la sua esperienza in questo genere. L’ideazione teorica del progetto lo aveva spinto inizialmente a condurre degli esperimenti in studio, ma soltanto dopo aver esaminato i risultati concreti Hay aveva potuto giudicare le ragioni per cui i suoi assunti originari non reggevano. Nella loro forma materiale, i primi tentativi non avevano raggiunto l’obiettivo di indurre ed evocare una reazione nell’osservatore. La combinazione tra fotografie e sfondo non era, come invece aveva sperato, un insieme visivo e metaforico più grande della somma delle parti. Il problema principale era che la prima formulazione degli sfondi dipinti tentava di imporre all’osservatore una serie troppo rigida di interpretazioni, anziché fornirgli materiali per costruirsene di sue in una forma collaborativa. Pertanto Hay si era messo a realizzare sfondi più astratti, e che tuttavia rispondevano visivamente alle fotografie. Il ciclo di idea, sperimentazione materiale, valutazione, rifiuto, riformulazione e nuovo esperimento artistico si era ripetuto diverse volte prima di ottenere un risultato finale soddisfacente e in grado di trattenere lo sguardo più a lungo rispetto a quanto sarebbero stati in grado di fare gli schemi astratti o le immagini in bianco e nero da soli. Come in tutta l’arte visiva, più a lungo si mantiene l’attenzione, più riflessioni possono emergere. Ken aveva colto lo sguardo in modo dinamico, spostando continuamente l’attenzione dal primo piano allo sfondo. Aveva ottenuto un’opera di trasformazione.

Copertina di Poesia e musica della scienza di Tom McLeish: è viola con delle forme che sembrano delle cose verdine che non so identificare e che sembrano viste al microscopio.

Quali capacità sono necessarie per fare scienza e quali per fare arte? Molti indicherebbero certo l’“immaginazione” e la “creatività” nel secondo caso ma difficilmente nel primo. Tom McLeish sfida invece l’assunto che occuparsi di scienza sia in qualche modo meno creativo del dedicarsi all’arte, alla musica, alla scrittura e alla poesia. I racconti di personalità famose in entrambi gli ambiti – da Robert Boyle a Daniel Defoe, da Alexander von Humboldt a Ralph Waldo Emerson, da Claude Monet ad Albert Einstein, da Robert Schumann a Jacques Hadamard – rivelano infatti molti punti in comune: il desiderio di raggiungere un obiettivo, la gestazione del problema, l’intuizione improvvisa, l’esperienza del bello e del sublime, ma anche quella della frustrazione e del fallimento. McLeish seleziona sapientemente temi che intrecciano i due territori: il pensiero visivo e la metafora, la trascendenza della musica e della matematica, l’ascesa contemporanea del romanzo inglese e della scienza sperimentale e il ruolo dell’estetica e del desiderio nel processo creativo.

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