
Il maschilismo è ancora tra noi. Irritante e potente, continua a condizionare la nostra vita collettiva. Quali sono i processi psicologici e sociali che sorreggono il fenomeno, frenano il cambiamento e limitano diritti, libertà e creatività delle donne ma anche degli uomini, costretti troppo spesso in ruoli stereotipati?
Chiara Volpato analizza i processi psicologici e sociali che, nelle società occidentali, sorreggono il potere maschile, si oppongono al cambiamento e limitano l’apporto delle donne alla creatività sociale. Esamina i meccanismi di costruzione della presunta superiorità maschile e quelli che perpetuano la subordinazione femminile nel lavoro, nella politica, nei mass media. Il libro è una edizione riccamente ampliata e aggiornata rispetto alla prima pubblicazione di quasi dieci anni fa. Il divario di genere in questi anni, a livello internazionale e nazionale, non è cambiato in modo sostanziale. I progressi sono lenti; persistono troppe discriminazioni e, soprattutto, persiste una cultura ancora per molti aspetti patriarcale. Abbiamo assistito al movimento Me Too, che ha cambiato il panorama delle relazioni tra uomini e donne in molti paesi. Subito dopo, però, l’epidemia di Covid-19 ha pesantemente penalizzato le donne, incidendo sui tassi lavorativi e sulle relazioni familiari. Ma proprio l’esperienza della pandemia ci suggerisce una riflessione: che sia arrivato il momento di capovolgere gli schemi culturali tradizionali e riconoscere che la capacità di cura – tratto stereotipicamente attribuito alle donne – valga più dei principali tratti stereotipici maschili (la forza e il potere)?

Inizio la recensione con un’informazione di servizio: vi consiglio di leggere l’edizione del 2022 perché riporta diversi aggiornamenti rispetto a quella del 2013 in merito ai nuovi eventi che si sono verificati nel frattempo, come la ripresa del potere dei Talebani in Afghanistan, la guerra in Ucraina, il movimento MeToo e l’attacco al diritto dell’aborto negli USA.
Fatta questa premessa, non posso che consigliare la lettura di Psicosociologia del maschilismo, che è un buon libro per iniziare a capire questa piaga sociale. Si tratta, infatti, di un saggio fortemente divulgativo, che non dà per scontato nessun concetto e lo spiega da zero con grande semplicità e dovizia di studi.
La trattazione inizia dai cenni storici del fenomeno per poi arrivare ad analizzare il nostro presente complicato, dove si mescolano vecchie ideologie ammuffite e nuove pratiche sovversive. Proprio alla luce di un contesto che ha conosciuto un miglioramento della condizione femminile e della condanna sociale alle forme più estreme di violenza, Volpato si concentra sulla discriminazione più sottile e difficile da vedere – così difficile che oggi sono in tantə ad affermare che la parità di genere è stata già raggiunta e che si sta esagerando.
Ho trovato molto apprezzabile il fatto che sia un saggio innestato sulla consapevolezza che sì il maschilismo danneggia in primo luogo le donne, ma non risparmia nemmeno gli uomini, ai quali impone grande fatica per mantenere il ruolo di “vero uomo”. Senza dimenticare le “ancelle del patriarcato”, ovvero quelle donne che, invece di solidarizzare con le loro sorelle e gli uomini che cerano di emanciparsi da un modello maschile tossico, sono colluse con il maschilismo e gli offrono armi molto utili per difendersi.
Gli unici appunti che ho da fare a questo libro riguardano il modo in cui ci si appella alle persone trans e alcune mie perplessità sulla lettura di alcuni studi. Sul primo punto, ho registrato che Volpato si riferisce alle persone trans con “i trans”. A parte il fatto che è un’espressione proprio brutta, non si capisce nemmeno a chi si sta riferendo: a tutte le persone trans? Alle sole donne trans? Agli uomini trans? Crea molta confusione, quindi editor, mi appello a voi: convincete ə autorə a correggere questo obbrobrio.
Per quanto riguarda l’interpretazione di alcuni studi, non ho niente da dire su quelli riguardanti la tesi principale, ma ce ne sono alcuni buttati lì. Quello che mi è rimasto più impresso è il collegamento tra uomini violenti e videogiochi violenti. Come sa chi videogioca, da anni i videogiochi violenti sono accusati di provocare comportamenti violenti: in realtà, si tratta di un ragionamento invertito, perché sono le persone violente a privilegiare videogiochi violenti. Altrimenti, dato il successo di titoli come GTA V avremmo avuto boom di violenza ovunque…




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