Copertina di Doveva essere il nostro momento di Eleonora C. Caruso: raffigura la testa di una ragazza, dagli occhi in su. Ha occhi azzurri e sopracciglia e lunghi capelli rosa, con un taglio asimmetrico della frangia. I capelli sono legati in una specie di crocchia sopra la testa.

Una ragazza è seduta su una ruota di scorta bucata, in mezzo al nulla della campagna novarese. I suoi capelli, un tempo rosa zucchero filato, ora sono un garbuglio di colori improbabili. Pochi riconoscerebbero in lei Cloro, celebrità di internet con milioni di follower in tutto il mondo. Insieme a lei, a tentare di riparare un’auto che ha macinato migliaia di chilometri, c’è Leo, trentaquattrenne disilluso, che dalla vita non ha avuto nulla di ciò che si aspettava – e dire che non si aspettava molto. Soltanto uno come lui, senza niente da perdere, avrebbe accettato di partire da Milano alla volta dell’entroterra catanese per recuperare un amico finito in una presunta setta in cui si vive come negli anni Novanta. La setta esiste davvero, all’interno di una masseria abbandonata, ed è guidata da Zan, un uomo ambiguo e magnetico convinto di aver compreso la Verità dopo un lavoro da incubo come moderatore di una piattaforma. Leo rimane alla masseria per tre mesi, ma si accorge di Cloro solo quando lei gli chiede un passaggio per Milano. Inizia così il loro viaggio in auto dalla Sicilia alla Lombardia, sedici ore previste che si dilatano in cinque giorni, attraverso varie tappe in città e paesini dalle atmosfere sempre più surreali, perché l’Italia sta per entrare in lockdown. Leo e Cloro, che non potrebbero essere più diversi, durante il viaggio ricostruiscono le loro vite e le ragioni che li hanno portati alla masseria, discutono, si fraintendono, si allontanano e si avvicinano di nuovo, più simili di quanto entrambi siano disposti ad accettare. Con Doveva essere il nostro momento , Eleonora C. Caruso continua un percorso ideale iniziato con Le ferite originali e proseguito con Tutto chiuso tranne il cielo per consegnarci il suo romanzo più stratificato e compiuto.

Divisore

So che molte persone della mia generazione si sono trovate rappresentate nei romanzi di Sally Rooney, ma non è proprio il mio caso. Ho letto solo Persone normali e mi ha detto così poco che quasi non ha lasciato tracce nella mia mente. Mi sentivo dunque ancora orfana di unə autorə che sapesse raccontare la mia generazione senza risultare cringe: è così che ho incontrato Eleonora C. Caruso e il suo ultimo romanzo, Doveva essere il nostro momento.

Caruso è stata capace di individuare la caratteristica saliente della generazione Millennial: la rabbia. Noi Millennials siamo una generazione perennemente incazzata: abbiamo iniziato a incazzarci perché il mondo che ci era stato promesso è andato a rotoli prima che potessimo davvero goderne e perché anche l’oasi utopistica senza confini che sembrava Internet ha finito per essere egemonizzata da una manciata di grandi aziende che vogliono solo i nostri dati e la nostra attenzione per venderci qualsiasi cosa; poi abbiamo continuato a essere incazzatə per essere diventatə il capro espiatorio di tutto, per essere tacciati di essere choosy, bamboccionə, pigrə ed egoistə, mentre cercavamo solo di stare a galla in mezzo a crisi economiche e precariato.

Caruso delinea perfettamente questa rabbia generazionale e così può presentarci quello che è stato il più grave difetto deə Millennials: non quello di mettere a rischio aziende storiche e la famiglia a causa delle nostre convinzioni e scelte scriteriate, ma di non aver sfogato questa rabbia in un movimento che provasse a puntare i piedi e dire no. Certo, l’attivismo e le manifestazioni non sono mancate, ma non sono diventate un fatto generazionale: noi Millennials abbiamo finito per rivolgere verso noi stessə tutta quella rabbia, oppure ci siamo limitatə a sfogarla in ironia. Molto divertente, ma così abbiamo rinunciato a provare a migliorare la situazione.

Caruso usa un viaggio lungo l’Italia per far scontrare un uomo millennial con una giovane donna della Generazione Z, che davanti al disprezzo di lui per essere solo un’influencer che usa temi sensibili per sponsorizzare prodotti, lo accuserà di non aver fatto nulla affinché il mondo non degenerasse fino a quel punto. E per aggiungere una stratificazione ulteriore ə due si incontreranno in una setta fondata sulla nostalgia del mondo splendente che era stato promesso aə Millennials e capace di irretire non solo questə, ma anche ə Gen Z, affascinatə da un’alternativa alle macerie che vedono intorno a loro.

Come se non bastasse, il viaggio avviene nel 2020, quando l’epidemia di coronavirus è arrivata in Italia, ci sono le prime zone rosse e non si sa bene cosa stia accadendo: proprio quei primi giorni di marzo in cui ancora non sapevamo che un nuovo trauma collettivo si sarebbe abbattuto sulle generazioni più giovani, ancora una volta nell’indifferenza generale, perché tanto ə ragazzinə sono contentə di non andare a scuola e chi già lavorava aveva gli aiuti del Governo – poco male se arrivavano in ritardo o non comprendevano ogni categoria.

Doveva essere il nostro momento è il romanzo di una generazione perduta che sembra in attesa del trauma definitivo: quello di essere apostrofata con ok millennial davanti alle sue reminiscenze dei bei tempi andati di quando era giovane e piena di belle speranze.

Divisore
Valutazione del libro: cinque stelline gialle

2 risposte a “Doveva essere il nostro momento di Eleonora C. Caruso”

  1. Lo avevo visto passare ma non mi ero mai interessato. Come uno stupido ho giudicato un libro dalla copertina. Chissà che non si possa fare.
    Tra l’altro la nostalgia degli anni ’90 e (dio ce ne scampi) i primi 2000 non l’ho mai capita. Negli anni ’90 ero un moccioso e non mi ricordo niente ma… i primi 2000? Per carità, portale dell’Inferno!
    Sarà che ho iniziato a capire un minimo di come andava il mondo là per il 2006-2008 e gli anni novanta che ricordo (vagamente poi) sono il 98 e il 99 (forse un pezzetto del 97 ma non ne sono così sicuro) ma questa nostalgia faccio fatica a capirla. Anche perché, una volta decostruito il tutto forse le promesse che facevano non erano poi così realizzabili: se vuoi puoi essere un cantante. Sì, ma devi avere un certo aspetto e devi pesare tot. E devi essere abile, E bianco. E eterosessuale, se non lo sei fingi (“Sull’orlo di un burrone avrò bisogno di una spinta” per citare Caparezza).
    Poi, i primi 2000 con l’arrivo dei social lasciamo stare. Mi ci metto pure io perché sicuramente qualche commento in passato l’ho fatto: noi Millennial facciamo tanto gli splendidi perché su Netlog avevamo gli amici preferite e cagate come il buddy poke mentre nei commenti, sezioni di blog e qualsiasi posto consentisse di digitare, ci sputavamo dentro ogni tipo di veleno. E invece che chiuderci o segnalarci i profili gli altri cretini come noi si attaccavano a ruota dietro. Mi ricordo che c’era un periodo piuttosto inquietante in cui le pagine di perculo erano una cosa normalissima e pure apprezzata.
    “Ah a adesso non si può più dire niente!” ma ringrazia un po’ che qualcuno ti toglie la voglia di fare lo stronzo sul nascere! Io mi ricordo che ci vomitavamo addosso un sacco d’odio e, sebbene ci scherzi su con le band che fanno musica di merda, il periodo non mi manca. Internet per i ragazzini Millennial non era pericolo per i predatori, ma per le interazioni tra simili.

    Piace a 1 persona

    1. Ti dirò, se non l’avessi scoperta tramite persone del cui giudizio mi fido l’avrei ignorata pure io.
      Neanch’io ho grande nostalgia degli anni Novanta (in cui ero in effetti troppo piccola per capirne lo spirito) o dei primi Duemila (quelli in cui sono stata adolescente e che ricordo meglio): nel senso, capita di pensare a un bel periodo o a qualcosa legato a quel bel periodo con nostalgia, ma fine lì, non è che vorrei tornare indietro. Probabilmente un po’ perché non ho mai avuto il feticismo per il passato (non sono il tipo di persona che, se potesse, andrebbe a vivere in un’epoca passata) e un po’ perché per i casi della vita sono stata più fortunata di tante altre persone. Infatti, sono anche molto seccata da tutti questi remake e ripescaggi dal passato: qualcuno va bene, ma non a scapito di tanti progetti nuovi che potrebbero avere quei budget.
      Nel romanzo infatti si parla anche del lato oscuro di quel mondo dorato, in una maniera anche molto intelligente: senza darti spiegazioni del perché, ma semplicemente facendoti vedere che c’è, che è rimasta e ha preso forza con la diffusione di Internet. Non ha senso ritornare al passato perché non è mai idilliaco come sembra dai nostri ricordi: chi lo predica di solito sta soltanto manipolando le persone per i suoi scopi.

      Piace a 1 persona

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.